Il Goal 8 dell’Agenda 2030 dell’Onu punta ad incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti. Ed il 5 mira a raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze. Ma in Italia la crescita economica può davvero essere duratura? E, soprattutto, può esserlo per le donne? E per i giovani? Nel 2021 abbiamo raggiunto l’uguaglianza di genere?
Ce lo dicono i dati ISTAT (pubblicati il 1 febbraio 2021).
I dati
Una cosa va specificata. I dati sono provvisori. Ma non possono non essere considerati e non fanno ben sperare.
A dicembre sono diminuiti gli occupati e si è registrato un incremento dei disoccupati e degli inattivi.
Come si legge nel comunicato stampa Istat, la diminuzione dell’occupazione (-0,4% rispetto a novembre, pari a -101mila unità) ha coinvolto le donne, i lavoratori dipendenti ed autonomi ed ha caratterizzato tutte le classi d’età. Con l’unica eccezione degli ultracinquantenni, che mostrano una crescita. Risulta sostanzialmente stabile la componente maschile. Ed è su quest’ultimo punto che vale la pena soffermarsi. A pagare il prezzo della crisi economica sono state soprattutto le donne.
La disoccupazione femminile
Sì, perchè – sempre dati ISTAT alla mano – su 101mila (nuovi) disoccupati, 99mila sono donne. E questo riguarda solo il mese di dicembre. Se volessimo parlare di ciò che è accaduto durante tutto l’anno, basti pensare che dei 444mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020 il 70% è costituito da donne.
Perchè è accaduto ciò? Perchè le donne sono impiegate soprattutto nei settori che più di tutti stanno vivendo la crisi – come quello dei servizi – spesso con contratti che danno poca sicurezza. E qui si evince un importante dato. Il problema non è la pandemia in sè (con relativa crisi economica). Il problema è a monte. L’Italia non è un Paese che tutela il lavoro femminile.
Le donne avevano contratti “poco stabili” anche prima del Covid – 19. Si trovavano spesso a dover scegliere tra maternità e carriera anche fino al 2019. La domanda “pensi di avere figli”? è sempre stata fatta solo alle donne e mai agli uomini. La differenza salariale, i pochi posti apicali riservati alle donne erano un fatto che riguardava l’Italia anche un anno e mezzo fa. Solo che nessuno ne parlava. Oppure, anzi, potremmo dire che faceva meno notizia. Perchè quando qualcosa non riguarda noi in prima persona è sempre poco interessante.
Ma l’Italia nel 2021 deve davvero essere davvero un Paese per uomini?
La disoccupazione giovanile
Il target 6 del Goal 8 recita così: “ridurre entro il 2030 la quota di giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di studio o formazione”. Ma, a quanto pare, l’Italia non è neanche un Paese per giovani.
A dicembre il tasso di disoccupazione tra i giovani è salito al 29,7% (+0,3 punti). L’occupazione per gli under 25 è in rapida discesa. A dicembre 2020 – rispetto allo stesso mese del 2019 – il relativo tasso è sceso di 2,4 punti. È diminuito anche il tasso di occupazione della fascia d’età 25 – 34 anni (-1,8 punti).
Anche questo è un fatto che riguardava l’Italia anche pre – pandemia. Anche in questo caso qualcosa andava fatta prima di arrivare a leggere questi dati. Perchè i giovani devono poter guardare con fiducia al loro futuro. E non devono perdere la speranza.
La disoccupazione complessiva
Nel mese di dicembre 2020, nel complesso, il tasso di occupazione è sceso al 58,0% (-0,2 punti percentuali). In sostanza il tasso di occupazione è sceso, in un anno, di 0,9 punti percentuali.
Nell’arco dei dodici mesi sono diminuite le persone in cerca di lavoro (-8,9%, pari a -222mila unità). E sono aumentati gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+3,6%, pari a +482mila).
Ma, come abbiamo potuto notare, in realtà di “complessivo” c’è ben poco. Chi ha pagato – e sta pagando – sono soprattutto le donne ed i giovani. E quindi la crescita economica in Italia non può essere inclusiva.
Forse è vero che l’Italia non è un Paese per donne e per giovani. Ma i giovani saranno il nostro futuro e le donne possono contribuire alla crescita economica in Italia – e nel mondo ovviamente – in egual misura rispetto agli uomini.
Il problema è che nel 2021 non vorremmo più sentir neanche parlare di divario tra donne e uomini. È che senza giovani non ci può essere futuro. E l’esperienza è importante tanto quanto le idee nuove, originali, innovative.