Vincenzo Notaro e sua moglie Valeria Nazzaro sono a capo dell’agenzia di comunicazione Officina Mirabilis: “un laboratorio creativo, un vero e proprio pensatoio di contenuti e una fucina di meraviglie”.
Nulla a che vedere con la solita pubblicità martellante, la cui finalità è meramente commerciale. L’etica è il cuore pulsante di una progettualità culturale molto più ampia, in cui natura e ambiente non sono elementi marginali, ma scelte consapevoli, eretiche, spirituali e circolari.
E allora che cosa hanno in comune Giordano Bruno, la pubblicità etica e l’Officina Mirabilis?
Ce ne parla Vincenzo Notaro in questa intervista.
Officina Mirabilis è un’agenzia di comunicazione e pubblicità etica in provincia di Napoli.
L’Officina Mirabilis è nata nel 2017 come la spontanea evoluzione di un progetto, che in passato è stato una casa editrice d’arte e di filosofia. Negli anni abbiamo cercato di ampliarne l’operatività, portando un po’ di cultura nelle aziende e un po’ di comunicazione aziendale nella casa editrice. Inizialmente ci siamo aperti al web, alla medicina etica e poi successivamente anche a qualche marchio che si occupa prettamente di food&wine in maniera completamente ecosostenibile. In passato, insieme a mio fratello, ho anche avuto un’esperienza lavorativa nel mondo bio. Grazie ai lavori pregressi e al percorso di studio – mio e di mia moglie (Filosofia e Storia dell’arte) – abbiamo indirizzato la nostra agenzia verso una pubblicità etica, che non tenesse in considerazione solo le logiche del marketing. Per questo motivo il nostro è un target ben preciso con cui siamo orientati a compiere scelte etiche mirate.
Nello specifico che cos’è una pubblicità etica?
Per pubblicità etica si intendono una miriade di cose. Il termine tecnico proviene da una serie di attività pubblicitarie, ad esempio, per le ONLUS, oppure per alcune case farmaceutiche con le quali abbiamo specifici contratti di riservatezza. Per la promozione dei farmaci etici – quelli non da banco – vige, infatti, un ferreo divieto da parte dell’AIFA di uscire dai circuiti specialistici, e tutta una serie di accortezze come l’uso di slogan sempre referenziati da testi medico-scientifici, evitare illusioni di ‘cura certa’, usare metafore piuttosto che la figura umana, per rispettare la sensibilità dei pazienti fragili. Insomma, ci sono regole molto diverse dalla pubblicità che vediamo in TV. Poi ovviamente la pubblicità etica assume tutte le caratteristiche di ciò che è etico in sé. Solitamente non è orientata al guadagno e al marketing. Stiamo parlando delle cosiddette ‘campagne progresso’, il cui messaggio finale è volto al bene comune. In questo discorso la natura ha un ruolo primordiale e determinante, perché tutti gli ADV con cui noi ci proponiamo, hanno sempre una matrice naturale. Basti pensare che il nostro motto è: “Naturalia Invisibilia Mirabilia”. In passato, ad esempio, abbiamo realizzato una campagna pubblicitaria il cui il protagonista è un gabbiano che a Piazza del Plebiscito – a Napoli – mangiava una pizza fritta. Detta così potrebbe fare un po’ ridere, ma se ci riflettiamo, ci rendiamo conto che l’animale in questione non era nel suo habitat naturale. Il gabbiamo infatti stava rovistando nella spazzatura in quanto affamato. Questa cosa fa gelare il sangue nelle vene se pensiamo all’ecosistema dal quale esso proveniva. Ecco un esempio di lavoro pubblicitario etico di cui ci occupiamo: lasciamo sempre che ci sia una riflessione, un messaggio ben preciso da cogliere alla fine della narrazione. Per esempio, per alcune commesse di comunicazione social che hanno a che fare con la promozione di Università e Corsi di Laurea, non facciamo mai retargeting, ma preferiamo puntare sui contenuti culturali e di riprova sociale, attivando senso di comunità e partecipazione. Questo, sia per il complesso rapporto tra Facebook e la PA, sia per non inebetire con una pubblicità eccessiva i giovani. Bisogna cercare sempre di stimolarli a fare scelte consapevoli, in linea con il vero senso dell’istruzione universitaria.
Officina Mirabilis è impegnata in numerose idee eco – friendly, come ad esempio “natura.mirabilis” e “cultura.mirabilis” su Istagram. Perché parliamo di un progetto “eco – influencer”?
I social sono strumenti che vanno usati in maniera critica e sana. Il nostro progetto eco – friendly su Instagram – #naturamirabilis – è stato voluto soprattutto da mia moglie che cura i contenti per l’agenzia. A questo, si affianca sugli aspetti artistico-culturali la pagina sorella #culturamirabilis. L’obiettivo non è avere due pagine portfolio dei nostri lavori sul social. Instagram ha portato una serie di modifiche comportamentali – non sempre negative – e molte criticità in generale. Di conseguenza abbiamo pensato a un progetto collaterale, che produca solo contenuti fotografici e che si differenzi dalle finalità del social stesso. Il nostro obiettivo non è usare Instagram come lo farebbe un influencer. Ovviamente in casi rari – e laddove sposiamo uno specifico progetto – abbiamo pubblicizzato prodotti ecosostenibili, compiendo sempre una scelta etica ben precisa. Per il resto, il progetto ha uno scopo divulgativo: condividiamo immagini – idee solo per far comprendere, a chi ne abbia voglia, quanto sia importante innamorarsi della natura.
Il “SudPlus” di Officina Mirabilis, lo “Slow Food Agro nolano” (diretto da Gianluca Napolitano) e all’I.S.I.S. “L. De’ Medici” di Ottaviano (Istituto Alberghiero di cui il Preside è Vincenzo Falco) hanno lanciato un progetto pilota etico / eretico, enogastronomico e socio – culturale: “La minestra eretica” (omaggio a Giordano Bruno).
Quest’idea nasce da un’altra volontà di vita ben specifica: quella di dare valore al nostro Sud – sul piano creativo, storico e culturale – creando dei network in maniera innovativa tra le varie aziende meridionali che hanno potenzialità. Ci abbiamo subito provato con il cocktail NA 57 («NA bomb»). In Campania con i nostri grandissimi vini non riusciamo ad avere una cultura di brand come ce l’hanno gli champagne francesi. Per quale motivo? Probabilmente perché manca un’identità, un’anatomia della marca. Soprattutto non esiste un naming forte, grazie al quale venga identificata la costellazione dei nostri vini nel mondo. Eppure ‘champagne’ deriva dalla parola latina ‘Campania’ (la stessa parola che ha identificato la storica provincia della Francia, ma che originariamente deriva da ‘Kampanon’, nome originario di Capua, dal quale poi è nato il termine ‘Campania’). Quindi, forse, noi questo naming forte ce l’abbiamo pure, ma lo usano i francesi. Gli champagne, che sono grandi vini, non sono certo superiori ai vini campani, specie quelli vulcanici (Vesuvio, Campi Flegrei, Isole partenopee). Semplicemente a noi italiani manca quello che i francesi chiamano il “faire – savoir”: la comunicazione. Ho sempre sostenuto che se i vini campani riuscissero ad avere una cultura di brand e un progetto coeso potrebbero eguagliare quella che è stata la fortuna degli champagne. Ecco, questo è un obiettivo de ‘Il SudPlus’: mettere in rete in maniera creativa le nostre aziende, fare network e tirare fuori quel mix tipicamente meridionale, che può esplodere come “NA bomb”.
Cosa c’entra la “Minestra eretica” in questo discorso?
Lo stesso discorso di cui ho appena parlato è stato usato anche per la “Minestra eretica”, che è una variazione della celebre “Minestra maritata”, già citata nel Candelaio di Bruno come “pignatta crassa”. Per sviluppare questa proposta creativa abbiamo creato una sincera sinergia tra la filosofia di Giordano Bruno – in chiave contemporanea – la scuola, l’associazionismo, l’ambientalismo, la Natura e lo Slow food. Nella ‘Minestra eretica’ abbiamo deciso di cambiare – o meglio rendere eretica – la ricetta tradizionale, sostituendo la carne con il pesce proveniente dall’acquacoltura etica. Parliamo di pesci che provengono dai nostri mari e che fanno parte della tradizione partenopea – vesuviana: sarde, triglie, anguille, di cui è importante riutilizzare tutto il possibile per evitare eventuali sprechi. Le verdure che si usano per cucinare la minestra tradizionale, non si trovano facilmente al di fuori del territorio locale. Tranne che in qualche specifica azienda agricola biologica, che ha rimesso la semente originale. Che sia slow food o certificato bio, i produttori chiamati in causa per partecipare a questo progetto, hanno una visione etica volta sempre a salvaguardare la natura.
Perché proprio il pesce e non la carne nella minestra eretica?
Carne e pesce sono un po’ considerati gli opposti in cucina, così abbiamo voluto stravolgere una tradizione culinaria, semplicemente per farla rivivere, rinnovata da una scelta. ‘”Eresia” significa appunto scelta, dal greco “airesis”. È solo trasformandosi che la tradizione può continuare a vivere. Tra l’altro, è difficile parlare di “carni etiche”, anche se ne esistono rari produttori, che però sono in minoranza. Il punto è che, a Napoli, abbiamo una tradizione ittica territoriale ben affermata. Quindi, abbiamo trovato maggiore coerenza nella scelta di prediligere il pesce al posto della carne, sia dal punto di vista etico che territoriale. Nello stravolgere la ricetta della “Minestra maritata”, però, abbiamo comunque individuato un nesso concettuale tra l’etica produttiva e l’idea di base originaria.
Qual è il nesso filosofico – culturale tra Giordano Bruno e la natura?
Vivo a Nola e sono molto legato alla figura di Giordano Bruno. Ritengo sia stato il primo filosofo ambientalista in assoluto. Il panteismo (“Dio è Tutto” e “Tutto è Dio”, ndr), ad esempio, è un concetto che va trasmesso soprattutto ai ragazzi per far sì che amino davvero la Natura. Probabilmente non riusciamo ad avere un comportamento fino in fondo ambientalista perché, a volte, questo non ha radici spirituali. Il che implica che non sia del tutto autentico. La gente trema davanti a queste semplicissime verità. È difficile che nell’ambito della comunicazione qualcuno parli del Dio degli ‘infiniti mondi’ di Giordano Bruno. L’unico filosofo – o almeno il primo – che è riuscito a riconciliare la divinità cristiana a quella pagana e alle dottrine ermetiche. La cosa paradossale è che venga quasi considerato un filosofo minore. Invece è di una grandezza senza eguali. Bruno fa sempre un discorso legato alla Natura, all’uomo e alle categorie psicologiche, anche quando scrive le sue ‘Opere magiche’, opere meravigliose che ancora oggi si tende a lasciare nell’oblio o a fraintendere, e senza le quali, naturalmente, non si può comprenderne il pensiero. In quelle opere vi è espressa la più alta concezione di reintegrazione dell’uomo in questo grande “tutto”, che è la vera e propria scintilla divina che ci anima. Poi, c’è un concetto bruniano al quale sono così tanto legato che è diventato per me una sorta di bussola in ogni cosa che faccio: “Ciò che è vero e buono è unico e primo”. Quando Giordano Bruno lo postulò, non pensava certo al marketing; si riferì a un principio di unicità e bene – stava definendo la sua idea di Dio – che abbiamo assunto a orientamento e guida della nostra creatività. È un concetto che va applicato senza distinzione e in qualsiasi ambito: se operi con verità e per il bene, otterrai i più alti risultati. Pertanto anche il lavoro dovrebbe avere questa visione organica: una circolarità capace di parlare di Dio (o di come si voglia chiamare) in qualsiasi modo. È difficile coniugare la filosofia con gli aspetti commerciali, ma se partiamo dal presupposto che Dio è in tutto, la comunicazione etica è un cerchio che si chiude.
Natura, cultura e etica: quali sono i tuoi progetti imminenti?
Abbiamo appena annunciato con gioia l’uscita de “La Rivoluzione degli Eucalipti” di Nina Maroccolo, edito da Disvelare edizioni. Vera e propria sinestesia tra le struggenti opere fotografiche dall’artista e il suo più visionario romanzo lirico, nel quale vengono affrontate tematiche di cruciale attualità e profondità: dalla crisi climatica alla grazia divina attraverso la lettura fotografica e poetica degli eucalipti. Inoltre, il volume sarà presentato appena possibile alla Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale. Il libro d’arte – progettato da Officina Mirabilis (grafica e comunicazione) – è composto da 168 pagine, ed è stato stampato a colori su carte realizzate con procedimenti ecosostenibili.