L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia – Romagna B. Ubertini ha effettuato delle ricerche sul latte di Brescia e il risultato è molto soddisfacente. Il latte, infatti, è risultato privo di antibiotici, nonostante il loro uso non sia stato abolito negli allevamenti bresciani. Tuttavia, le quantità di antibiotici sono diminuite negli ultimi anni.
Il latte lombardo
Come si legge nel report dell’IZSLE, la regione Lombardia produce il 44% del latte italiano (2020) e nel 2020 le consegne di latte vaccino sono aumentate del 5,55% rispetto al 2019.
Inoltre, nel 2019 il 37,8% del latte vaccino è stato utilizzato per il Grana Padano, il 52,6% per il latte alimentare e altri formaggi (al di fuori del Parmigiano Reggiano, Gorgonzola, Taleggio, Provolone Valpadana, Quartirolo Lombardo, Valtellina Casera, Bitto).
Lo studio
L’IZSLE ha analizzato 52 campioni di latte per valutare la concentrazione di residui di antibiotici. Gli allevamenti coinvolti sono stati 150 e afferiscono a 12 impianti. L’analisi è stata effettuata con la tecnica LC – HRMS, che consente la determinazione di 61 molecole, le quali possono essere raggruppate in 6 gruppi antibiotici (amfenicoli, beta – lattamici, chinolonici, macrolidi, sulfamidici e tetracicline).
L’ATS (l’Agenzia di Tutela della Salute) ha fatto un elenco degli antibiotici prescritti per ciascun allevamento coinvolto. Gli indicatori inseriti per l’analisi del latte di Brescia sono due: PCU (Population Corrected Unit) in mg, ovvero la misura delle vendite complessive di antimicrobici veterinari, e DDD (Defined Daily Dose) cioè le dosi somministrate.
Il risultato
I campioni del latte di Brescia analizzati sono risultati tutti negativi alla presenza di residui di antibiotici. Non trovando traccia dei 61 antibiotici ricercati, i responsabili sono scesi fino a 100 volte più nel dettaglio (da 2 a 10 microgrammi per litro a 0,1 a 1 microgrammi). I risultati sono stati ottimi allo stesso modo.
C’è da specificare che gli allevamenti coinvolti sapevano della ricerca in corso, ma è anche vero che la zootecnica negli ultimi anni si è affinata nella tracciabilità e nella salubrità del latte.
I progetti futuri
Una maggior sicurezza arriverà il 28 gennaio 2022, quando entrerà in vigore il registro elettronico, grazie al quale gli allevatori potranno comunicare in tempo reale i farmaci utilizzati e i giorni di somministrazione.
Francesco Martinoni, ex presidente di Confagricoltura Brescia e a capo della coop Latte Indenne afferma che “gli associati stanno riducendo molto l’uso di antibiotici e si sta pensando di abolirli. Siamo costantemente monitorati, questa è una garanzia per il consumatore”.
L’assessore regionale all’Agricoltura, Fabio Rolfi, ha aggiunto: “Ora faremo studi simili anche sulla carne di bovino, suino, pollame”.
Le ricerche precedenti
La ricerca dell’ISZLE sul latte di Brescia è un po’ una risposta a uno studio dell’università di Napoli e di Valencia del 2019, pubblicato su Journal of Dairy Science, sul latte venduto in tutto il Paese. Da quelle analisi emersero residui di: Amoxicilina (17,5%), Ampicillina (1,7%) Procaina benzylpenicillina (5,3%). Inoltre, residui di Imidocarb (1,7%), Meloxicam (21%) e Dexamethasone (1,7%).
Tuttavia, la Coldiretti conferma: “La ricerca IZSLE conferma che il latte bresciano è di assoluta salubrità”.
Insomma, l’analisi effettuata è la dimostrazione che il latte di Brescia e tutti i prodotti alimentari italiani sono tra i più controllati d’Europa.
Fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia – Romagna B. Ubertini