Le tante aziende presenti a livello mondiale stanno facendo davvero qualcosa di costruttivo per salvaguardare l’ambiente, oppure parliamo solo di greenwashing? L’analisi condotta su 800 aziende da un’intelligenza artificiale, chiamata “ClimateBert”, non promette nulla di buono.
Ma che cos’è il greenwashing? Per quale motivo questo fenomeno sta dilagando sempre di più?
Scopriamolo insieme.
Cos’è il greenwashing?
Nel momento in cui parliamo di “greenwashing” ci riferiamo alla comunicazione ingannevole legata alle pratiche ambientali di una determinata azienda. Che fornisce informazioni e pubblicità persuasive con il solo scopo di presentare all’opinione pubblica un’immagine ecologicamente responsabile di ciò che produce.
Molte altre, invece, sono le aziende che da anni lavorano in prima linea per aiutare e rispettare il nostro pianeta. Altre, purtroppo, sposano la causa ambientale concentrandosi unicamente sul versante “marketing”. A detta di ciò, in che modo possiamo distinguere cosa sia greenwashing e cosa, invece, una scelta eco-friendly ? A tale domanda ecco che entra in gioco l’intelligenza artificiale.
L’AI “ClimateBert”
“ClimateBert” è uno strumento di intelligenza artificiale, che decostruisce dichiarazioni aziendali, relazioni annuali, dichiarazioni e altri materiali per valutare la divulgazione relativa al clima, misurandone le prestazioni effettive.
“ClimateBert” è stato creato dalla “TCFD”, task force che fornisce ai terzi strumenti necessari per divulgare prestazioni relative al clima.
Visto che il processo di analisi non è facile da analizzare, “TCFD” si è rivolta all’elaborazione del linguaggio naturale e alle reti neurali per chiedere aiuto. L’enorme mole di dati rappresenta una grande sfida da analizzare. Per questo motivo l’intelligenza artificiale come “ClimateBert”, può snellire i tempi di analisi. Ma che cosa fa concretamente questa nuova intelligenza artificiale?
La scoperta di “ClimateBert”
Dopo aver analizzato più di 800 aziende, “ClimateBert” ha stabilito che, nella maggior parte dei casi, queste fanno greenwashing. Stando alla valutazione di “TCFD”, infatti, tre sono i principali fattori che determinano tale fenomeno.
In primo luogo, per molte aziende non c’è alcun incentivo concreto a cambiare “rotta”. La seconda riflessione, invece, richiama gli accordi di Parigi, che hanno probabilmente e inconsapevolmente permesso ad alcune aziende di essere più “selettive” in ciò che hanno intenzione di divulgare. Perché? Per non ledere l’immagine del proprio marchio.
Infine, ad eccezione della Francia, la rendicontazione del clima aziendale si basa su una divulgazione volontaria. Ciò consente alle aziende molta libertà di divulgazione.
Pertanto, sarebbe necessario trovare dei parametri standard validi per tutte le aziende, affinché queste rispettino davvero l’ambiente.
Altri esempi di intelligenza artificiale
Anche altre organizzazioni stanno usando la potenza dell’intelligenza artificiale per scoprire il greenwashing.
Ad esempio, “Ping An”, società assicurativa e finanziaria, sfrutta il suo Centro di ricerca economica digitale e l’AI per valutare la divulgazione aziendale sul clima. Non solo. Anche per rilevare il greenwashing. Utilizzando algoritmi di elaborazione del linguaggio naturale, il “Digital Economic Research Center” ha, invece, sviluppato indicatori basati sull’AI per determinare l’esposizione al rischio climatico. Il tutto viene fatto in modo molto più preciso rispetto alle tradizionali metriche ambientali, sociali e di governance aziendale (ESG).
In conclusione, l’intelligenza artificiale è più efficiente nel determinare se un’impresa sia veramente ecosostenibile o faccia semplicemente greenwashing.
Stabilire uno standard di raccolta dati per istruire a dovere l’AI, sarà importante, per costruire un mondo più sostenibile per tutti.
Fonte: Futuroprossimo