A Bologna, la biblioteca degli oggetti Leila mette al servizio di chiunque voglia iscriversi, prodotti, conoscenze e momenti di socialità. L’obiettivo di tale progetto è quello di promuovere il piacere della condivisione per necessità momentanee – e non solo – e per non creare inutili rifiuti. Altra finalità, oltre a quella ambientale e di recupero, è quella di strutturare relazioni significative tra i vari tesserati.
Infatti, per prendere parte al progetto Leila, per prima cosa è fondamentale portare qualcosa di proprio in biblioteca e lasciare che gli altri lo prendano in prestito.
Altro passaggio fondamentale è diventare soci. Il tutto avviene in maniera molto semplice: basta tesserarsi (la prima iscrizione costa 20 euro all’anno; 15 se si è studenti).
Se in biblioteca si lascerà un solo oggetto, si potrà noleggiarne un altro alla volta, altrimenti due, tre e così via. Il tempo del prestito è di 4 settimane, eventualmente rinnovabili in accordo con i responsabili.
I tesserati di Leila sono circa 300, più donne che uomini, con un’età media che varia dai 25 ai 45 anni.
Scopriamo ulteriori dettagli sulla biblioteca degli oggetti.
La nascita di Leila
Il fondatore di Leila è Antonio Beraldi, un giovane uomo di 41 anni, che prima di promuovere la biblioteca a Bologna, si era già imbattuto in un progetto simile a Berlino.
Insieme ad Antonio, anche un’altra ragazza ha creduto fermamente nell’idea tedesca. Il suo nome è Francesca Giosa, trentatreenne, originaria di Potenza e che a Bologna fa la sfoglina.
Nel 2016, anno in cui è nata Leila nel capoluogo emiliano, la biblioteca non aveva affatto una fissa dimora. Infatti, questa albergava laddove ci fossero strutture con persone interessate, che mettevano a disposizione una parete sulla quale riporre gli oggetti. Negli ultimi due anni, per fortuna, è stata avviata una collaborazione con la Salaborsa – nota e storica biblioteca nel centro della città – che ospita a sua volta la biblioteca degli oggetti.
La mission di Leila è valorizzare l’identità e la vita di un oggetto, azzerandone i costi anche in termini ambientali. Inoltre, altra peculiarità dell’iniziativa è avvalorare il concetto di fiducia tra gli esseri umani, a discapito del mero possesso.
Infatti, Leila non essendo solo uno spazio in cui si condividono cose, promuove – attraverso i suoi soci – anche numerosi laboratori settimanali.
Quali sono i vantaggi di Leila?
Tra le molteplicità dell’iniziativa bolognese, vi è di sicuro un vantaggio anche economico. Si può evitare di spendere del denaro per acquistare un oggetto, che potremmo lasciare negli angoli nascosti delle nostre case. Altro punto interessante è il riuso e di conseguenza l’azzeramento degli sprechi di ogni tipo.
Inoltre, altro aspetto fondamentale è quello legato alla cultura della condivisione, intesa come strumento per promuovere la valorizzazione del bene comune; un modo per spronare i cittadini ad incontrarsi, fare rete e a promuovere quella sana socialità e progettualità di cui tutti abbiamo bisogno.
L’ambizione dei volontari di Leila è quella di diventare in futuro un’azienda autosufficiente, pur mantenendo ben saldi i principi della condivisione: “Vorremmo portare Leila in tutte le biblioteche di quartiere. Far diventare le biblioteche una specie di hub di consegna, vicini al cittadino” – ha spiegato il suo fondatore Antonio.
Leila è un lo sguardo utopico di cui necessitiamo, perché finalmente sostenibilità e scambio culturale camminano sugli stessi binari. Nel 2016 – anno in cui l’idea di Leila è arrivata in Italia – c’erano solo nove biblioteche degli oggetti nel mondo. Ora ce ne sono 90, censite da una studentessa che sull’argomento ha scritto la sua tesi di laurea.