Le foreste secolari del Pollino resistono ai cambiamenti climatici: lo dimostra uno studio italo-spagnolo pubblicato su Science Direct. La ricerca ha valutato la crescita degli alberi giovani (< 120 anni) e vecchi (> 120 anni) in relazione al clima.
Lo studio
Lo studio si concentra sui pochi resti di foreste di vecchia crescita, situati all’interno del massiccio del Pollino, al confine tra la Basilicata e la Calabria. Il Parco Nazionale del Pollino è la più grande area protetta d’Italia, copre circa 192.000 ha e la maggior parte del territorio appartiene alla fascia montana (cioè da 800 a 2000 m).
In particolare, gli studiosi hanno osservato due specie di conifere (Abies alba e Pinus leucodermis) e due specie di latifoglie (Fagus sylvatica e Quercus cerris). In totale, sono stati analizzati 176 alberi.
Il clima
Gli alberi presi in considerazione si trovano ad altitudini diverse, dunque le condizioni climatiche sono diverse, anche a causa della complessità topografica del luogo.
La zona ionica sud-orientale del massiccio presenta temperature più elevate e precipitazioni brevi ma intense. Il versante tirrenico occidentale, invece, è caratterizzato da temperature più basse, precipitazioni più frequenti e regolari. L’area è caratterizzata da un clima montano-mediterraneo con inverni freschi ed estati miti e secche. Dal 1980, però, si registra un costante aumento delle temperature.
Le reazioni degli alberi
Osservando la crescita degli alberi emerge che le specie di conifere rispondono al riscaldamento climatico con un incremento della crescita molto più marcato rispetto alle specie di latifoglie decidue. Infatti, la crescita di queste ultime è limitata principalmente dalla siccità estiva. Il Pinus leucodermis, invece, ha mostrato un marcato aumento della crescita in risposta al riscaldamento nei siti freddi.
Ancora, le alte temperature primaverili migliorano la crescita delle conifere. Al contrario, la crescita di F. sylvatica era influenzata negativamente da condizioni primaverili più calde.
Sicuramente, la siccità ha influenzato negativamente la crescita degli alberi in tutte le specie.
I risultati
Dunque, come scrivono gli stessi ricercatori, nelle foreste secolari del Pollino gli individui più giovani hanno una tendenza ad una crescita rapida rispetto a quella dei conspecifici più vecchi. I vecchi alberi tendono ad avere tassi di crescita relativamente stabili, mostrando una notevole resistenza al riscaldamento del clima.
In particolare, però, gli alberi più giovani dei Pinus leucodermis e di Abies Alba, sono più sensibili al clima di quelli vecchi. Al contrario, gli alberi più vecchi di Fagus sylvatica sono più sensibili dei giovani.
Queste risposte al cambiamento climatico dovrebbero essere considerate quando si prevede la dinamica futura delle foreste di vecchia crescita per la loro gestione sostenibile. Infatti, lo studio e il monitoraggio delle prestazioni di crescita dei giovani alberi in associazione con i vecchi alberi è un compito strategico per monitorare il funzionamento delle vecchie foreste di fronte al cambiamento globale. Dunque, grazie a questo studio, si potrebbero compiere grandi passi in avanti per la conservazione degli ecosistemi di montagna, obiettivo importante dell’Agenda 2030.