È a Pavia che nasce l’idea dell’agronomo condotto, attento alla salvaguardia del territorio e della produzione agricola.
L’idea
L’idea nasce dall’agronomo di Vigevano Giovanni Molina, neo segretario dell’Ordine dei dottori agronomi e forestali di Milano, Pavia, Lodi e Monza.
Come afferma l’agronomo Molina, vi sono prodotti lavorati correttamente, che non contengono inquinanti e con una concentrazione di sostanza organica molto alta, che possono essere impiegati anche nei territori impoveriti dalla monocultura per migliorarne la fertilità. Il problema è che oggi si impiegano fanghi al limite della legalità e la pubblica amministrazione non riesce ad effettuare controlli approfonditi e dettagliati.
Da ciò nasce l’idea di una nuova figura professionale, che non solo abbia competenze nel campo tecnico e biologico ma anche con elevate conoscenze delle caratteristiche del territorio. L’agronomo condotto, per l’appunto.
Come afferma il dott. Molina:
La sostenibilità, la transizione ecologica, la sopravvivenza del genere umano passano per un ripensamento della produzione del cibo e del settore primario.
Il problema
Il consumo del suolo, che cresce sempre di più, è uno dei punti chiave per l’agronomo Molina. Infatti, consumare suolo agricolo significa liberare tonnellate di anidride carbonica e ciò rompe l’equilibrio dell’ambiente a partire dal sottosuolo fino al sistema delle falde, dall’humus alla fertilità.
Inoltre, il forte aumento di logistiche (cioè l’approvvigionamento delle materie prime e dei pezzi, del loro stoccaggio all’interno del magazzino e del rifornimento all’interno dei reparti, dell’imballaggio della merce e del suo trasporto attraverso la rete distributiva) e di centri commerciali, annullano il suolo agricolo. Ciò, ovviamente, vuol dire limitare la produzione di cibo locale e danneggiare la biodiversità.
Il riso
Un altro problema toccato dal dott. Molina è la produzione del riso che a Pavia riguarda circa 80mila ettari.
Gli industriali che fanno capo all’Airi (Associazione italiana per la Ricerca Industriale) , con sede a Pavia, hanno chiesto un aumento delle superfici.
Come afferma Molina:
La nostra epoca vive il rischio di vedere l’imprenditore agricolo trasformato nell’operaio dell’agroindustria: ciò volatilizza la responsabilità d’impresa. Fortunatamente il mondo rurale conserva ancora il meglio della cultura contadina: la consapevolezza del valore della fertilità dei suoli. La scelta colturale della diversificazione della produzione non può essere solo dell’agroindustria.
Continua affermando:
Non criminalizzo l’agroindustria. ma ogni tecnologia va usata con intelligenza e conoscenza della biodiversità naturale e della complessità ambientale.
Infatti, per quanto riguarda il riso il problema non è solo la superficie, ma il metodo di coltivazione.
Come afferma il dott. Molina:
Se parliamo di riso in sommersione e rotazione con altre colture soprattutto foraggere estensive (prati), cioè di un’agricoltura circolare e produttrice di biodiversità, aumentiamo pure le superfici. Ma se parliamo di riso coltivato in successione monocolturale, con crescente uso di fitofarmaci e fertilizzanti di sintesi, magari in asciutta e con l’illusione di risparmiare acqua, non sono d’accordo.
Dunque, la figura dell’agronomo condotto potrebbe aiutare a mitigare gli effetti dell’uomo sull’ambiente poiché, ormai è risaputo, l’agricoltura ha una forte influenza a causa, per esempio, dei pesticidi e dell’emissione dei gas serra.
Fonte: La Repubblica