La doggy bag è una pratica ormai consolidata nel resto del mondo, ma non ancora in Italia. In Francia, Inghilterra e Stati Uniti è ormai una routine, nel nostro paese ancora non ha preso particolare slancio ma a breve sarà pratica comune anche da noi. Letteralmente “vaschetta del cane”, si tratta della pratica di portare a casa gli avanzi di cibo dal ristorante.
Perché abbracciare la filosofia della doggy bag
Nata in America, obbligatoria in Francia e norma di buona educazione in Cina, la pratica della doggy bag fa sì che si evitino gli sprechi. Si stima che oltre il 30% del cibo ordinato al ristorante venga inevitabilmente buttato e quindi sprecato.
Nonostante il nome faccia pensare ai nostri animali domestici, non necessariamente deve essere destinata a loro. Le possibilità di utilizzo della doggy bag sono fondamentalmente due: consumarla tra le proprie mura domestiche o donarla ai più bisognosi.
La questione del portarsi a casa il cibo avanzato al ristorante, però, in Italia ha dovuto superare alcune barriere burocratiche e di legge. Nel 2014, dopo una serie di contestazioni, la Corte di cassazione ha sancito il diritto dei clienti di alberghi e ristoranti di portare a casa gli avanzi dei pasti. Da allora sulla questione non sono stati fatti grandi passi avanti, anche se sembra essere arrivati a un punto di svolta. Nonostante ciò, il 70% dei ristoratori italiani sostiene che la propria clientela non sia interessata a questa pratica.
A tal proposito Fipe e Comieco hanno fatto un accordo secondo il quale oltre 30000 ristoranti saranno dotati della doggy bag, dopo un iniziale esperimento su circa 1000 attività ristorative.
La doggy bag tutta italiana
Esiste anche un prototipo italiano di doggy bag, “Rimpiattino”, creato dal ristorante “Duke’s” di Roma. Il nome è stato scelto da Fipe e Comieco tra le tante proposte arrivate loro per dare una corrispondenza italiana al termine doggy bag.
È dal 2019 che ristoratori in tutta Italia hanno aderito all’iniziativa di utilizzare Rimpiattino, senza alcun costo aggiuntivo per i clienti che lo richiedono. Si tratta di una box di carta riciclata realizzata dal consorzio Comieco.
Il progetto in questi anni ha coinvolto inizialmente 835 ristoranti in 22 città italiane e sono stati realizzati 35mila contenitori, di cui il 70% destinati al cibo e il restante per le bevande. Basti pensare che nei primi sei mesi di utilizzo, su 4 clienti 3 chiedevano di avere il Rimpiattino, mentre il 16% della clientela chiedeva di poter portare a casa la bottiglia con il vino avanzato. Nella maggior parte dei casi era il personale di sala a far presente l’opportunità di avere il Rimpiattino, ma la clientela si è sempre mostrata ben disposta ad aderire all’iniziativa.
Nonostante ciò, però, in Italia richiederla mette ancora in imbarazzo i clienti. Infatti il 25% della popolazione italiana lo considera volgare, da maleducati e non dignitoso.
Gli utilizzi nel mondo della doggy bag
Come dicevamo, gli Stati Uniti sono la patria della doggy bag. Questa “moda” è nata infatti a San Francisco, città sempre molto attenta al tema dello spreco di cibo. Tra le sue più accanite sostenitrici Michelle Obama, che più volte si è fatta fotografare mentre usciva dal ristorante con gli avanzi dei pasti.
La Francia è la nazione che ha fatto di più nella lotta allo spreco di cibo. Ha reso obbligatoria la doggy bag per i ristoranti con oltre 180 posti a sedere e obbliga i supermercati a donare i cibi ancora commestibili e avanzati ad associazioni di volontariato.
In Cina chiedere questa bag è simbolo di persona educata (è il Paese in cui si spreca oltre la metà del cibo ordinato). La richiesta di una doggy bag ha qui un nome specifico, dabao, che letteralmente significa “mi faccia un pacchetto”.